I “niet” del passato non rappresentano l’unico ostacolo al cammino della finanza islamica in Italia.
L’avvocato Federica Costa, già membro e referente nazionale della Camera di Commercio negli Emirati Arabi Uniti non ha dubbi nel ritenere che anche il “segno lasciato da Brexit peserà nelle scelte su questo fronte”.
Federica Costa spiega come il nostro sistema possa accogliere la finanza islamica in sicurezza ed uscirne rafforzato.
D: Avvocato Costa, dunque una proposta che potrebbe apparire azzardata?
R: “Azzardata non è di certo il termine corretto, semmai possiamo parlate di un dibattito che arriva in un momento delicato per le economie europee e per quelle extra UE. Brexit ha creato delle importanti tensioni economiche anche se è evidente che l’onda lunga di questo fenomeno ha investito i meno informati”.
D: Da un osservatorio qualificato come il suo quale ritiene sia lo scopo della proposta in Parlamento?
R:“Il punto chiave rimane quello di incentivare l’ingresso di investimenti esteri, estendendo l’applicazione dell’imposizione fiscale. Più in concreto si tratta di una proposta che mira a recepire le principali operazioni finanziarie shari’a compliant, per nulla lontane in termini etici alla finanza convenzionale con istituti di scambio e operazioni che corrispondono a contratti di leasing operativo/finanziario, appalto, compravendita di beni anche con patto di riscatto permettendo la contrazione di un mutuo”.
D: Il dibattito sulla opportunità di una apertura economica di questo tipo si è focalizzato molto sul livello dei controlli…
R: “In ragione dell’attuale periodo politico possiamo rilevare che la proposta è ben ferma su discipline di controlli attuati con stringenti verifiche e procedure rafforzate, nell’assoluto rispetto delle normative antiriciclaggio ed antiterrorismo”.
D: In concreto cosa importerebbe la nostra economia?
R:“Il sistema finanziario islamico ruota intorno a due capisaldi che rimandano ai nostri contratti di leasing operativo e di venture capital. La banca islamica, infatti, non concede prestiti: investe in operazioni aventi come base un bene reale o tramite l’acquisizione di quote di partecipazione secondo la cosiddetta Ijarah assimilabile al nostro leasing operativo. Il secondo principio della finanza islamica richiama al venture capital e si sostanzia nell’apporto di capitale di rischio da parte di un investitore per finanziare l’avvio di un’attività in settori ad alto potenziale di sviluppo. La banca da parte sua sostiene l’investimento condividendo il rischio ed acquisendo conseguentemente un diritto alla partecipazione ai profitti realizzati dall’impresa.
D: E sulle attese di sviluppo per la nostra economia?
R: “Un impatto importante senza dubbio; basti pensare che la finanza islamica muove un mercato di oltre 2 miliardi l’anno, con tassi di crescita a doppia cifra”.